/ News / Mondo AiFOS / Le nostre attività
L'intervento di Rita Somma, Consigliera Nazionale AiFOS, presentato il 30 ottobre alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro
Chiedere più formazione ed ampliare la cultura della sicurezza è giusto ed è un obiettivo che certamente tutti gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro devono porsi.
Quello di cui, tuttavia, non si parla è la buona formazione: aumentare il quantitativo delle ore di formazione senza intervenire sulla qualità della formazione stessa è certamente un’occasione mancata.
Non è sufficiente parlare di formazione a livello generale, ma si dovrebbe parlare, molto di più, dei docenti e dei formatori: ovvero di coloro che partecipano come progettisti ed erogatori della formazione.
La legge 215 del 2021 ha modificato l’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 imponendo la necessità di procedere all’accorpamento, alla rivisitazione ed alla modifica di tutti gli Accordi Stato-Regioni che disciplinano la formazione alla sicurezza entro la data del 30 giugno 2022.
Sono passati 2 anni e 3 mesi e siamo alla “Bozza definitiva” dello scorso giugno. Al momento l’approvazione ancora non c’è e siamo certi che il documento possa essere migliorato.
Già nel 2010 rapporto EU-OSHA “Workplace Violence and Harassment: a European Picture” ha inquadrato il fenomeno violenze e molestie in una prospettiva di sicurezza e salute sul lavoro. Il rapporto evidenzia, però, come la consapevolezza ed il riconoscimento dei problemi legati alla violenza e alle molestie da parte di terzi sia ancora insufficiente e, pertanto, esista una chiara necessità di promuovere e diffondere buone pratiche e misure di prevenzione sensibili al contesto, fornendo oltretutto indicazioni generali ancora attualissime sulla prassi preventive.
Una scelta prevenzionistica che richiede un chiaro orientamento istituzionale che possa fare da volano, da direttore d’orchestra, per delinearne la strada. Come muoversi? Come sempre, in tema salute e sicurezza, la scelta delle strategie da mettere in campo passa dall’analisi dei dati e dall’individuazione delle cause radice del fenomeno da governare. E, se parliamo di violenza e molestie sul lavoro, i dati pubblicati nel 2022 dall’Organizzazione Internazione del Lavoro, sono piuttosto eloquenti. L’indagine ILO rivela che, nel mondo, più di una persona su cinque (22,8% o 743 milioni di persone) dichiara di avere avuto almeno una forma di violenza o molestie sul lavoro nella vita lavorativa; di queste persone, circa un terzo ha riportato di avere avuto esperienza di più di una forma di violenza (fisica, sessuale, afferente all’ambito psicosociale).
I dati della ricerca ILO, dunque, delineano inconfutabilemente che quello delle violenze e molestie sul lavoro è uno scenario di rischio da attenzionare prioritariamente, anche se poco rappresentato nell’ex post, dalle denunce ad esempio, che rende di fatto sfuggente la sua lettura come rischio socialmente rilevante da affrontare.
Un gap quantitativo che potrebbe essere spiegato con il rapporto Experiences of Violence and Harassment at Work: A global first survey pubblicato da ILO nel dicembre 2022, che rileva come sia difficile quantificare la violenza e le molestie sul lavoro, perché spesso la vittima non ne parla (per paura, mancanza di fiducia nelle istituzioni, per la considerazione di “normalità” di tali comportamenti inaccettabili ….) e non denuncia. Uno scenario espositivo di rischio sommerso che sembrerebbe confermato dall’Indagine ISTAT 2016, “violenza sul luogo di lavoro”, che si sofferma su una delle forme di violenza e molestia, quella sessuale, evidenziando che “quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 80,9% dei casi non ne parla con nessuno” ed una percentuale ancora piu’ irrisoria denuncia.
Un indirizzo, quello sopra delineato, che ben riproduce la cornisce entro la quale si colloca la Convenzione ILO n. 190, sull'eliminazione della violenza e delle molestie che si verifichino in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro (e la collegata la Raccomandazione n. 206) ratificata in Italia con Legge 4 del 15 gennaio 2021 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 20 del 26 gennaio 2021). Un disposto normativo che resta però, di fatto, una norma manifesto in assenza di leggi e regolamenti nazionali che richiedano ai datori di lavoro di intraprendere misure adeguate e proporzionate al rispettivo livello di controllo in materia di prevenzione della violenza e delle molestie sul lavoro (art. 9 Conv. ILO 190), includendo la violenza e le molestie, come pure i rischi psicolociali correlati, nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, attraverso la valutazione dei rischi e l’adozione di misure per prevenirli e tenerli sotto controllo.
Qualcosa si è mosso recentemente sul tema (prevalentemente nell’ambito di organizzazioni di grandi dimensioni), sulla scia dell’implementazione di alcuni standard internazionali e norme di settore che hanno contribuito ad una maggiore consapevolezza del fenomeno e sollecitato le organizzazioni ad occuparsene (UNI/PdR 125:2022, UNI EN ISO 45003, UNI ISO 30415:2021, il Codice Delle Pari Opportunità, l’Accordo interconfederale di Attuazione del patto per la fabbrica del 12 dicembre 2018, SA 8000, etc.), seppur questo non sempre si è tradotto in sostanzialità di intervento o che possa essere considerato pervasivo nel sistema. E’ chiaro che siamo lontani dalla capillarità prevenzionistica, che stenta a radicalizzarsi nell’operatività soprattutto in quel 92%-94% di micro, piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto economico produttivo italiano. Un conto è l’azienda di grandi dimensioni ed un conto è quella di piccole dimensioni, lo rappresentano chiaramente anche gli indici infortunistici, in un concetto trasversale a tutti i fattori di rischio.
Le politiche prevenzionistiche non possono, pertanto, non considerare gli aspetti legati alle grandi trasformazioni del lavoro del XXI secolo, che comprendono un mutato contesto culturale, sociale ed economico, in termini di evoluzione tecnica e tecnologica, ma anche di modalità di prestazione, di organizzazione del lavoro, di relazioni industriali. Pensiamo al lavoro agile, che ha esasperato una processo di frammentazione della forza lavoro già avviato da anni, alla flessibilizzazione, all’avvento dell’I.A., che prestano il fianco a nuove opportunità ma anche a diversi scenari di rischio, aprendo necessariamente a nuove riflessioni.
La gestione del rischio violenza e molestia sul lavoro, come necessità delle politiche di promozione e prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro, richiama fortemente quel principio generale di tutela delle condizioni di lavoro posto dall’art. 2087 del Codice Civile nonché la ratio strategica generale di tutela prevista dal Decreto Legislativo 81/08, che obbliga alla valutazione globale e documentata di “tutti” i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, nella misura in cui sia prevedibile e ragionevolmente fattibile.
Fattispecie di rischio che, ci ricorda la corposa letteratura scientifica, può essere di origine esterna ma anche di origine interna all‘organizzazione. Secondo l’OMS nella panoramica degli antecedenti e dei fattori ambientali delle molestie si possono includere, infatti, fattori interni quali:
Rischi psicosociali correlati a violenze e molestie sul lavoro che devono essere visualizzati nella duplice veste di rischi per la salute e per la sicurezza, che apportano un livello di rischio maggiore o emergente, anche in termini di attenzione e di probabilità di errore.
Orientare le organizzazioni, quindi, vuol dire porre l’obbligo a carico del datore di lavoro di valutazione e gestione del rischio quando questo costituisca un rischio di natura professionale prevedibile e prevenibile, legato allo svolgimento dell’attività lavorativa e al luogo di lavoro, a seguito del quale adottare:
Per fare questo c’è bisogno di un direttore di orchestra, lo dispone la Convenzione ILO (ART. 11 “Orientamento, formazione e sensibilizzazione”). Devono essere messi a disposizione dei datori di lavoro, delle lavoratrici e lavoratori, e delle rispettive organizzazioni, come pure delle autorità competenti, misure di orientamento, risorse, formazione o altri strumenti, in formati accessibili a seconda dei casi, sui temi della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, ivi comprese la violenza e le molestie di genere. Serve, quindi, che le istituzioni di governo adottino una politica pubblica di prevenzione e promozione di tale rischio, condividano best practices, strumenti operativi, standard e metodologie di valutazione ed ogni altra azione utile, purchè semplice e concreta, superando l’approccio fatto solo di inutile carta.
Un indirizzo di questo tipo si inserisce è perfettamente il piu’ ampio concetto di cultura della sicurezza, alias “cultura organizzativa della salute e della sicurezza”, fatta di azioni concrete, che allarga lo sguardo oltre il singolo individuo e punta alla dimensione sociale della questione, agli aspetti comunitari, organizzativi, gruppali.
La prevenzione del rischio di violenza e molestie sul lavoro richiede necessariamente un’azione coordinata da parte di tutti i soggetti coinvolti: le istituzioni di governo, le parti sociali e gli altri settori sociali ed economici, i gruppi di professionisti e le organizzazioni, le autorità locali, l’industria e i mezzi di comunicazione di massa, che hanno l'importante responsabilità di mediare tra i diversi interessi presenti nella società. Le persone di ogni ceto sociale sono coinvolte come individui, famiglie e comunità.
Un primo approccio alla questione parte dunque dall’adozione di leggi e regolamenti nazionali che, sulla scorta della Convenzione ILO n. 190 e delle norme internazionali di riferimento, possano indirizzare e vincolare i datori di lavoro all’obbligo di:
Tra le misure indicate dall’art. 9 della Convenzione ILO n. 190, un posto importante è rappresentato espressamente dall“erogazione di informazione e formazione ai lavoratori e ad altri soggetti interessati, in modalità accessibili a seconda dei casi, in merito ai pericoli identificati di violenza e di molestie e alle relative misure di prevenzione e protezione, ivi compresi i diritti e le responsabilità dei lavoratori e di altri soggetti interessati …” in relazione alle politiche adottare ed attuate in materia di violenza e molestie sul lavoro.
La questione rischio violenza e molestie sul lavoro è, infatti, l’emblema di come il modello di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro non possa essere di tipo escludente ma richieda il dialogo tra esperti e “profani”, tra sapere teorico ed approccio pratico, con azioni partecipate dai destinatari dell’azione prevenzionistica, che devono possederne conoscenza e competenza (verticale e orizzontale, technical skills e soft skills) a tutti i livelli.
Questo si traduce nella necessità di efficaci processi educativi di promozione e prevenzione, puntando su: consapevolezza, educazione, competenza e responsabilità diffusa, che concorrono a determinare gli atteggiamenti ed i comportamenti.
Un orientamento che indirizza verso un processo di formazione e sensibilizzazione, da pensare in percorsi diversificati, che deve partire da vertici aziendali (management apicale ed intermedio) e coinvolgere tutti i lavoratori esposti, indirizzato verso un approccio non solo prescrittivo ma prestazionale.
I nuovi Accordi Stato Regione sulla formazione in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 37 del D. Lgs. 81/08 e smi) potrebbero pertanto, in tal senso, comprendere percorsi formativi dedicati al tema toccando argomenti quali:
La formazione potrebbe comprendere, nel caso:
Per orientare verso la strutturazione di una formazione efficace ed efficiente dell’azione educativa, la regolamentazione dovrebbe considerare i seguenti principi cardine:
La progettazione del processo dovrebbe essere indirizzata per basarsi su:
La normativa dovrebbe disciplinare altresì:
Un’attività di formazione così strutturata contribuirebbe ad allargarne i benefici sociali della formazione, che trasversalmente impatterebbero anche negli ambiti di vita, oltre che al miglioramento sostanziale sicurezza ma anche della competitività delle imprese.
AiFOS - Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro
25123 Brescia, c/o CSMT Università degli Studi di Brescia - Via Branze, 45
Tel 030.6595031 - Fax 030.6595040 | C.F. 97341160154 - P. Iva 03042120984
Privacy - Cookies Policy - Gestione segnalazioni-whistleblowing
Il sito utilizza cookie tecnici, ci preme tuttavia informarti che, dietro tuo esplicito consenso espresso attraverso cliccando sul pulsante "Accetto", potranno essere installati cookie analitici o cookie collegati a plugin di terze parti che potrebbero essere attivi sul sito.